martedì 24 aprile 2007

Tumori del Polmone

Ricordi di anatomia. Il polmone destro ha tre lobi (superiore, medio, inferiore) e dieci segmenti. Il lobo superiore è diviso in tre segmenti (anteriore, posteriore ed apicale), il lobo medio in due (laterale e mediale), il lobo inferiore in cinque (apicale, anteriore, posteriore, laterale e mediale). Il polmone sinistro ha due lobi (superiore ed inferiore) e dieci segmenti. Il lobo superiore ha una parte superiore con tre segmenti (anteriore, posteriore ed apicale) ed una parte lingulare con due segmenti (laterale e mediale), il lobo inferiore è diviso in cinque segmenti (apicale, anteriore, posteriore, laterale e mediale). Il lobo medio del polmone di destra corrisponde alla lingula di sinistra. L’arteria polmonare che nasce dal cuore si divide poi nell’arteria polmonare di destra ed in quella di sinistra. L’arteria polmonare di destra è sempre davanti al bronco, quella di sinistra lo scavalca passandogli dietro. Il termine cancro polmonare è solitamente riservato ai tumori che originano dall’epitelio respiratorio (bronchi, bronchioli ed alveoli) mentre i mesoteliomi, i linfomi e i tumori stromali (sarcomi) vengono distinti dal punto di vista della diagnosi anatomopatologica dal cancro polmonare.

Epidemiologia. Il carcinoma broncogeno è la prima causa di morte per maschi e femmine con 173.000 casi annui negli USA e 163.000 decessi. L’età media al momento della diagnosi è 55-60 anni. È una patologia frequentissima che vede una percentuale di mortalità pressoché costante nel tempo nonostante i progressi nella terapia medica e chirurgica; in Italia l’incidenza è in aumento, soprattutto per aumento della vita media e prolungata esposizione ai cancerogeni durante tutta la vita. La diagnosi precoce assume un ruolo di importanza primaria nonostante il numero considerevole di falsi positivi. Elementi di diagnosi precoce, raramente utilizzati in tempo, sono:
- markers tumorali: antigene carcinoembrionario (CEA), antigene polipeptidico tissutale (TPA), enolasi neuronospecifica (NSE), CYFRA 21-1 (citocheratina-19), sostanze legate all’aumentato turnover cellulare (β2-microglobulina, poliamine), ferritina, zinco, rame
- esame citologico dell’espettorato
- Rx torace e TC spirale

Fattori di rischio. Sono molti:
- fumo di sigaretta attivo (responsabile del 75% dei nuovi casi)
- fumo passivo (meno cancerogeno di quello attivo)
- inquinamento industriale (il carcinoma broncogeno è più frequente in aree industrializzate, a causa della presenza nell'aria di uranio e radioisotopi in genere, asbesto (sinergizza con il fumo di sigaretta), Ni, As, Be, Fe
- inquinamento atmosferico (gas di scarico, radon)
- lesioni precancerose (TBC in passato, oggi silicosi e asbestosi); la teoria del braditropismo correla le cicatrici polmonari con la maggior probabilità di sviluppare la malattia, in virtù dello stiramento dei vasi, anche linfatici, per cui le sostanze cancerogene ristagnerebbero di più in queste zone
- sesso (M:F=2:1) ed età (50 – 70)
- predisposizione genetica (ridotta efficienza del sistema immunitario, ridotta capacità funzionale dei meccanismi di riparazione del DNA, ridotto metabolismo delle sostanze cancerogene)
- familiarità
- patologie predisponenti (bronchite cronica, fibrosi, enfisema, TBC)
- depressione immunitaria
- alcool (promuove l’oncogenesi)
- dieta povera di frutta e vegetali
- radiazioni ionizzanti
- neoplasie associate (cancro della laringe, cancro delle vie aeree digestive superiori, cancro del rene, cancro della vescica)

Fumo di tabacco. È responsabile del 75% dei nuovi casi, mentre il fumo passivo è responsabile del 5% dei morti tra i non fumatori. Nel 15% dei fumatori la neoplasia si sviluppa di solito dopo un periodo di latenza di 30–40 anni. Il rischio di sviluppare neoplasie del polmone si riduce in media dopo 15 anni di astensione sebbene vi è un rischio perenne anche se basso per chi ha fumato per più di 20 anni. La relazione fumo–neoplasia è basata su:
- n° sigarette fumate nell’arco della giornata
- n° anni di fumo
- grado di inalazione
- quantità di tabacco
Inoltre esistono chiare alterazioni istologiche dell’epitelio bronchiale ascrivibili al tabagismo:
- perdita delle cilia vibratili
- iperplasia dello strato basale
- metaplasia squamosa dell’epitelio bronchiale
In particolare la metaplasma squamosa si osserva:
- nel 15% dei morti con carcinoma broncogeno
- nel 10% dei morti con carcinoma broncogeno fumatori senza filtro
- nel 5% dei morti con carcinoma broncogeno fumatori con filtro
- nello 0% dei morti con carcinoma broncogeno non fumatori
Questa evidenza statistica rivela che la metaplasia squamosa è tipicamente risultato dell’esposizione al fumo di sigaretta. Nel tabacco vi sono circa 4000 sostanze chimiche e nei prodotti della combustione ci sono 60 sostanze cancerogene sia inizianti che promuoventi (catrame, CO, nicotina, benzopirene, fenoli). Queste stimolano gli oncogeni della famiglia Ras ed i recettori per i GF tumorali, inattivano gli oncosoppressori (p53) e favoriscono l’interazione tra materiale genetico e cancerogeno.
Esiste una nota progressione della displasia causata dal fumo di tabacco: metaplasia dell'epitelio squamoso, displasia. carcinoma in situ, carcinoma invasivo.

Genetica. L’inalazione delle sostanza mutagene induce alterazioni genetiche a carico di oncogeni (k-RAS) e oncosoppressori (p-53, FHIT).
- p53: proteina con molte funzioni biologiche (induce la trascrizione legandosi al DNA, regola il ciclo cellulare, arresta la cellula quando è presente un danno genomico riparabile, la manda in apoptosi quando il danno è irrecuperabile); è frequentemente mutata nelle varie neoplasie, le sue mutazioni sono importanti dal punto di vista prognostico e predittivo, e informano sulla responsività del tumore ai farmaci; mutazioni di p53, indagabili tramite tecniche molecolari (PCR), si ritrovano nell’80-90% dei SCLC e nel 50% dei NSCLC. Da ciò si evince che la mutazione di p53 è anche associata all’aggressività del tumore, essendo i SCLC molto più aggressivi. Inoltre le mutazioni di p53 sono correlate a: metastatizzazione, peggiore prognosi, resistenza ad alcuni farmaci. Le mutazioni più comuni sono le trasversioni G-T (sperimentalmente sono le stesse mutazioni indotte dal benzo-a-pirene).
- k-RAS: i geni della famiglia RAS codificano per proteine piccole ad alta attività GTP-asica. Se occorre una mutazione a livello di particolari codoni, si ha la perdita della funzione GTP-asica, perché tali codoni codificano per aminoacidi siti in prossimità del sito che lega il GTP. Le proteine RAS sono coinvolte nella trasmissione del segnale al nucleo, fanno parte cioè delle cascate trasduttive del segnale. Se una mutazione fa perdere a RAS l’attività GTP-asica, non può avvenire il ritorno allo stato inattivo, e il segnale mitogeno per il nucleo perdura. Mutazioni di k-RAS sono presenti esclusivamente nei NSCLC, e si tratta sempre di mutazioni a livello del codone 12 (altri codoni in altre neoplasie). Si tratta ancora di trasversioni G-T, che chiamano in causa ancora il benzo-a-pirene e dunque il tabacco.
- FHIT: sito nel cromosoma 3p, ha un sito molto fragile che va incontro a frequenti delezioni. È mutato nell’80% dei carcinomi squamosi e nel 60% degli adenocarcinomi.

Tumori del polmone e non fumatori. Nei non fumatori insorgono il 10% di tutti i carcinomi polmonari; si tratta soprattutto di adenocarcinomi (quelli meno correlati al fumo). In passato erano soprattutto le donne ad esservi predisposte, mentre oggi l’abitudine al fumo è cresciuta anche in queste, per cui la situazione si sta equiparando. Nei non fumatori non sono presenti mutazioni di k-RAS; le mutazioni di p-53 sono spesso presenti, ma non si tratta di trasversioni G-T, quanto più di transizioni G-A. Le mutazioni di FHIT sono molto rare.

Anatomia patologica macroscopica.
CARCINOMI CENTRALI O ILARI (70 – 75 %)
- Insorgono con emottisi poiché il tumore erode i bronchi (emissione di sangue rosso vivo non molto abbondante)
- Sono endobronchiali vegetanti (possono vegetare e ostruire i bronchi)
- Possono dare origine ad una massa inglobante il bronco o i tessuti peribronchiali
- Sono frequenti aree di atelettasia lobari o polmonari
- I linfonodi si possono fondere con il tumore portando all’ingrandimento dell’ilo all’RX

CARCINOMI MEDIO-PARENCHIMALI “A PALLA” (25 – 30 %)
- Sono costituiti da una massa tonda di volume variabile a volte a limiti piuttosto netti
- Non vi sono strutture rigide, per cui il tumore può espandersi centrifugamente assumendo forma “a palla”; non essendo presente alcuna resistenza alla crescita, il tumore può infiltrare tutto il lobo (forma “lobare massiva”)
- Possono necrotizzare con ascesso centrale (“cancro – ascesso”); infatti quando il tumore cresce molto, la crescita di vasi neoformati può non essere sufficiente a garantire la per fusione di tutta la massa, per cui la parte centrale va spesso incontro a necrosi colliquativa e può anche infettarsi
- Il materiale colliquato può essere riversato nei bronchi ed espettorato, lasciando spazi vuoti simili alle caverne tubercolari

CARCINOMI PERIFERICI
- Originano dai bronchi e bronchioli periferici su pregressa cicatrice parenchimale
- Presentano aree di atelettasia segmentarie e lobari
- Derivano da una lesione nodulare unica a volte escavata (“cancro ascesso”) centroparenchimale o subpleurica (interessa la pleura parietale)
- Si vedono bene all’RX per cui sono ben aggredibili chirurgicamente
- Se crescono verso il versante mediastinico possono infiltrare il mediastino e la colonna vertebrale. Tipico è l’esempio del tumore di Pancoast caratterizzato da un intenso dolore alla spalla e parestesie alla mano a causa dell’interessamento del plesso brachiale; il tumore di Pancoast se preso in tempo può portare alla guarigione di una persona su tre
- Se è molto periferico, però, incontra la resistenza della parete toracica, e le neoformazioni tendono ad essere circoscritte, simili a quelle del mesotelioma con il quale è richiesta la diagnosi differenziale
- Nel caso della linfangite carcinomatosa, un tumore ilare dà metastasi tramite i torrente linfatico alla zona subpleurica periferica (“sgocciolamento”)

Anatomia patologica microscopica.
CARCINOMI A PICCOLE CELLULE (SCLC)
Microcitoma o carcinoma anaplastico a piccole cellule. Nefasto, con sopravvivenza a 5 anni minore dell’1%. Si salvano solamente le persone operate in stadi molto iniziali. Di derivazione neuroendocrina produce sostanze simil-ormonali per cui dà sintomi paraneoplastici. Neoplasia altamente maligna, correlata al fumo di sigaretta (98-99%), a sede ilare o medio-parenchimale. Deriva dalle cellule di Kulchitsky, cellule neuroendocrine site tra le cellule epiteliali e facenti parte del sistema neuroendocrino diffuso (APUD). Questo sistema, capace di produrre neuropeptidi a basso P.M., è rappresentato anche nel pancreas (cellule α,β e γ, che danno vita a insulinomi, glucagonomi e gastrinomi), nella mucosa di esofago, intestino e appendice (carcinoidi del tratto digerente), nella midollare del surrene (feocromocitomi), nell’ipofisi (adenomi ipofisari). L’aspetto è ad ammassi o nidi cellulari solidi di cellule anaplastiche molto piccole. Per la diagnosi differenziale tra carcinoma squamocellulare scarsamente differenziato e microcitoma a cellule fusate esistono diverse tecniche:
- microscopia elettronica: ocorre cercare granuli di neurosecreto (contenenti 5-HT, enolasi neuronospecifica e calcitonina) che consentono la diagnosi di microcitoma; i granuli sono presenti nel core denso centrale della cellula
- istochimica: colorando la sezione con nitrato d’argento, le cellule che si colorano (argentaffini) sono quelle contenenti il neurosecreto
- immunoistochimica: varie tecniche per ricercare, tramite anticorpi monoclonali, i vari costituenti dei granuli (enolasi, 5-HT, ecc…)
Carcinoide. Analogo benigno del microcitoma, anch’esso insorge dalle cellule di Kulchitsky ed anch’esso presenta positività alle reazioni sopra descritte. Forma una massa aggettante nel lume di un grosso bronco, che tende ad infiltrare localmente ma non metastatizza nel 90% dei casi. Nel 10% dei casi diventa atipico e può essere aggressivo perché dà metastasi linfonodali anche quando è benigno.

CARCINOMI NON A PICCOLE CELLULE (NSCLC)
Carcinoma epidermoidale (o squamocellulare o “oat cells”). È la forma più frequentemente correlata col fumo (98% sono fumatori). Insorge frequentemente a livello dei bronchi centrali di grosso calibro, e nel 70% dei casi non è operabile poiché ha già infiltrato la trachea. Ha crescita lenta (9 anni = 2cm), che spesso porta a trascurare i sintomi (tossetta completamente ignorata dal fumatore), e minor tendenza rispetto agli altri a dare metastasi. Insorge su aree di metaplasia squamosa, indice della sua correlazione con il tabagismo. Istologicamente esistono forme ben, moderatamente e scarsamente differenziate.
Adenocarcinoma. È la seconda forma per frequenza, relativamente meno associata con il fumo (ma comunque nel 90% dei casi è presente la storia di esposizione); oggi ha più o meno la stessa incidenza nei due sessi, anche se per motivi ignoti le donne sono leggermente più colpite (alcuni studi spiegherebbero questa evenienza con le nuove sigarette a gradazione minore, che portano ad una aspirazione più veemente e quindi alla tendenza a sviluppare carcinomi in sede più profonda; queste sigarette sarebbero più fumate dalle donne). Di solito è una massa bronchiale periferica, per cui più facilmente operabile rispetto al carcinoma squalmocellulare, che è centrale. La crescita è molto lenta (20 anni = 2 cm), ed essendo periferica la neoplasia tende a dare una minore sintomatologia; tuttavia dà metastasi più frequentemente del carcinoma squamocellulare, perché la crescita lenta lascia tutto il tempo al tumore per metastatizzare.
Carcinoma bronchiolo-alveolare. È una forma particolare di adenocarcinoma, spesso bilaterale, che insorge dai bronchioli terminali o dalle cellule che rivestono gli alveoli (cellule di Clara, pneumociti di II tipo). Le alterazioni istologiche sono del tutto simili a quelle dell’adenomatosi multipla delle pecore sudafricane, dovuta al retrovirus jagzitke. L’ipotesi è avvalorata dal fatto che la neoplasia non è correlata al fumo di tabacco, ma i tentativi di identificare un agente infettivo nel carcinoma bronchiolo-alveolare umano e di trasmettere la neoplasia alle pecore non hanno dato risultati. Le cellule neoplastiche possono dare gemmazioni che a volte si staccano e cadono nel lume dell’alveolo; in seguito esse possono essere aspirate e spostarsi da lume a lume, ad acino ad acino, da lobo a lobo, da polmone a polmone. Questa forma di metastasi è particolare e caratteristica di questo tipo di tumore (“metastasi aerogene”). La sua incidenza è in aumento e le donne sono più colpite. È radio e chemioresistente, però se si riesce ad eradicarlo tutto (difficile perché è multifocale) c’è buona probabilità di sopravvivere.
Carcinoma anaplastico a grandi cellule. È poco frequente (5 – 6%) e anomalo; è piccolo e molto anaplastico con un tempo di raddoppiamento di 92 gg; infiltra le strutture circostanti (aorta, vena polmonare), dà metastasi per via ematogena e linfatica. Scarsa la sopravvivenza a 5 anni, anche perché si manifesta tardivamente.

MISCELLANEA. Nel polmone possono svilupparsi molti tipi di neoplasie benigne o maligne di tipo mesenchimale. Inoltre possono svilupparsi neoplasie linforeticolari benigne o maligne e lesioni simil-tumorali. Abbastanza frequente è l'amartoma (o amartocondroma), tumore che si presenta come focolaio opaco rotondeggiante, spesso rilevato in maniera del tutto casuale; il suo aspetto però fa pensare ad una neoplasia, e spesso, in mancanza di altre indicazioni, è la chirurgia che toglie il dubbio. É costituito principalmente da cartilagine ialina matura, ma può contenere tessuto fibroso, adiposo, vasi sanguigni o spazi cistici rivestiti da epitelio respiratorio. Gli amartomi in generale rappresentano una proliferazione di tessuti normali maturi in proporzioni anomale.

Sintomi.
Sintomi locali
- Tosse (tipica del tumore endobronchiale il quale si comporta da corpo estraneo)
- Espettorato striato di sangue
- Emoftoe (per interessamento di un piccolo vaso bronchiale)
- Emottisi (per rottura di un vaso di grosso calibro, vena o arteria polmonare)
- Febbricola
- Dispnea (dovuta all’occlusione di un bronco)
- Dolore (nel tumore periferico per coinvolgimento della plaura parietale)
- Infezioni respiratorie ricorrenti
Sintomi generali
- perdita di peso
- anoressia
- anemia
Sintomi di diffusione intratoracica
- disfagia da compressione esofagea
- sindrome dalla vena cava superiore
- aritmia e scompenso cardiaco (infiltrazione del pericardio e del cuore)
- paralisi del nervo frenico con elevazione dell’emidiaframma
- disfonia per infiltrazione del ricorrente
- sindrome di Claude-Bernard-Horner (infiltrazione del simpatico cervicale)
Sintomi di diffusione extratoracica
- linfonodi prescalenici (tumefazione prescalenica)
- metastasi cerebrali (deficit muscolari, cefalea, disturbi alla visione, al linguaggio)
- metastasi epatiche o surrenaliche (astenia, ittero, inappetenza, dimagrimento)
- metastasi scheletriche
Sindromi paraneoplastiche. Vide infra.

Vie di metastatizzazione.
PER CONTIGUITÀ (infiltrazione strutture vicine)
- diaframma (paralisi e singhiozzo)
- parete toracica
- pericardio
- apice polmonare (attraverso l’arteria succlavia si ha infiltrazione del plesso brachiale con la sindrome dolorosa spalla – mano tipica del tumore di Pancoast). Il tumore di Pancoast è una neoplasia maligna dell’apice polmonare che infiltra le prime coste, a livello dell’arco posteriore, ed ingloba nel processo neoplastico sia la catena simpatica, determinando la sindrome di Bernard-Horner (enoftalmo, miosi e ptosi palpebrale), sia la prima radice del plesso brachiale (VIII nervo cervicale e I toracico), causando parestesie e dolori al braccio, lungo il territorio del nervo ulnare.

PER VIA LINFATICA (solo nel 10% dei casi si ha diffusione alla parte eterolaterale)
- linfonodi lobari
- linfonodi ilari
- linfonodi mediastinici
- linfonodi sovraclaveari (a questo stadio il tumore non è più operabile)

PER VIA EMATOGENA (adenocarcinoma e microcitoma)
- fegato
- ossa
- cute
- retina
- surrene, cervello (aggredibili chirurgicamente)
- polmone controlaterale

PER VIA BRONCOGENA (il tumore si può spostare da un segmento ad un altro, da un lobo ad un altro, o al polmone eterolaterale a causa dello sfaldamento della massa primitiva e del trasferimento dei frammenti per mezzo della tosse)

Prevenzione.
- Abolizione fumo di sigaretta
- Educazione sanitaria
- Bonifica agenti di contaminazione ambientale
- Sorveglianza nel campo delle noxae professionali
- Diagnosi precoce

Stadiazione
. Consente di classificare il grado di diffusione della malattia in raggruppamenti (stadi) che sono utili per impostare la terapia. Per il carcinoma non a piccole cellule (NSCLC), ai fini della stadiazione, si utilizza la classificazione TNM. La combinazione dei diversi gradi di T, N e M determina i vari stadi della malattia. Considerazioni a parte devono essere fatte per il microcitoma. Per tale forma di neoplasia si preferisce ricorrere alla classificazione proposta dal Veterans Administration Lung Cancer Study Group (VALCSG). Viene considerato limitato il microcitoma confinato a un solo emitorace, con o senza il coinvolgimento dei linfonodi ilo-mediastinici e sovraclaveari omolaterali e senza versamento pleurico positivo. Qualsiasi altra condizione viene compresa nel gruppo di malattia estesa.

Stadiazione TNM del cancro del polmone (Mountain, 1997).
Tumore primitivo (T)
Tis: carcinoma in situ.
T1: tumore con dimensione massima di 3 cm o inferiore, circondato da polmone o pleura viscerale, senza segni di invasione prossimamente ad un bronco lobare alla broncoscopia
T2: tumore con dimensione massima superiore a 3 cm o di qualsiasi dimensione che invade la pleura viscerale o è associato ad atelettasia o a polmonite ostruttiva oche si estende alla regione ilare. Alla broncoscopia, l’estensione prossimale deve essere dentro un bronco lobare o almeno 2 cm distalmente alla carena. L’atelettasia o la polmonite ostruttiva eventualmente associate non devono interessare l’intero polmone.
T3: tumori di qualsiasi dimensione con estensione diretta alla parete toracica (compresi i tumori dell’apice polmonare), al diaframma o alla pleura mediastinica o al pericardio, senza interessamento del cuore, de grossi vasi, della trachea, dell’esofago o dei corpi vertebrali, o tumore del bronco principale entro 2 cm dalla carena, che però non deve essere interessata.
T4: tumore di qualsiasi dimensione con invasione del mediastino o che interessa il cuore, i grossi vasi, la trachea, l’esofago, i corpi vertebrali o la carena o con presenza di versamento pleurico o pericardico maligno o con modulo/i neoplastico satellite entro lo stesso lobo in cui è presente il tumore primitivo.
Linfonodi (N)
N0: non vi sono metastasi dimostrabili nei linfonodi regionali.
N1: metastasi nei linfonodi delle regioni peribronchiale e/o ilare omolaterale, compresa l’invasione diretta.
N2: metastasi nei linfonodi mediastinici omolaterali ed in quelli intertracheobronchiali
N3: metastasi nei linfonodi mediastinici controlaterali, in quelli ilari controlaterali o in quelli omolaterali o controlaterali scalenici o sovraclaveari
Metastasi a distanza (M)
M0: assenza di metastasi a distanza
M1: metastasi a distanza presenti

Stadi
IA (T1N0M0)
IB (T2N0M0); invasione pleura viscerale, sopravvivenza al 50%
IIA (T1N1M0); a differenza di IB c’è coinvolgimento di linfonodi
IIB (T3N0M0, T2N1M0)
IIIA (T3N1M0, T3N2M0, T2N2M0, T1N2M0); necessitano di trattamento chemioterapico neoadiuvante
IIIB (OgniT N3M0, T4 OgniN M0)
IV (OgniT OgniN M1)

Diagnosi precoce. E’ di importanza fondamentale perché al momento della diagnosi iniziale di cancro broncogeno da parte del medico di famiglia, il coinvolgimento metastatico è presente nel 50% dei casi. Ieri la diagnosi precoce era affidata a: Rx torace, esame citologico dell’espettorato, broncoscopia e biopsia; oggi la diagnosi è affidata a: Tac spirale, studio dell’espettorato con PCR, analisi computerizzata delle cellule esfoliate, broncoscopia ad autofluorescenza. Comunque la diagnosi definitiva si avvale dei seguenti mezzi:
- esame clinico
- rx torace in due proiezioni
- citologia espettorato
- TC
- RM (soprattutto nello studio del tumore di Pancoast per valutare il coinvolgimento del plesso brachiale)
- broncoscopia: biopsia, brushing, BAL, biopsia transbronchiale
- biopsia transparietale sotto guida TC
- mediastinoscopia (biopsia linfonodi para- e pretracheali nello studio di una massa che potrebbe essere anche un ascesso)
- toracoscopia
- esame dell’espettorato con PCR, analisi computerizzata delle cellule esfoliate (le cellule neoplastiche possono esfoliare ed essere presenti nell’espettorato; è quindi utile ricercare alterazioni cellulari che rappresentino eventi frequenti, precoci, specifici delle cellule neoplastiche, e sensibili. Queste caratteristiche sono proprie dei geni p53 e k-RAS. La composizione standard dell’espettorato è: cellule di sfaldamento della mucosa orale e respiratoria, batteri, cellule infiammatorie, e solo 1:100-1:10000 cellule neoplastiche; dato il numero ridotto di queste, la metodica deve essere molto sensibile. Si hanno oggi a disposizione metodiche arricchite come la enriched-PCR, nelle quali si favorisce l’amplificazione di molecole mutate a discapito di quelle normali, rendendo possibile la diagnosi di mutazione altrimenti impossibile all’esame citologico standard. I pazienti sottoposti sono i pazienti considerati “a rischio”, ovvero con età > 65 anni, forti fumatori e con storia di broncopatia cronica)

La diagnosi strumentale prevede:
- TC addome ed encefalo
- scintigrafia ossea
- PET: ricerca di metastasi
- esame citologico del versamento pleurico
- biopsia pleurica
- biopsia linfonodi superficiali
- biopsia epatica
- biopsia midollo osseo (es. nel microcitoma è infiltrato nel 40% dei casi)
- valutazione funzionale: spirometrica, cardiaca, metabolica – nutrizionale, di apparato

Terapia.
Ruolo della chirurgia. Per gli stadi I e II è indicata l’exeresi chirurgica. Per lo stadio IIIA l’intervento chirurgico attualmente viene indicato solo per pazienti accuratamente selezionati, dopo aver documentato una risposta soddisfacente alla chemioterapia preoperatoria. Per i pazienti in stadio IIIB e stadio IV (metastasi a distanza) non vi è indicazione all’intervento chirurgico; vi è indicazione alla chemioterapia e/o radioterapia. Nei pazienti con tumore del solco superiore (tumore di Pancoast) sono consigliati l’intervento chirurgico e la radioterapia pre- o postoperatoria. Il trattamento chirurgico offre diverse possibilità: lobectomia, pneumonectomia e resezione segmentarla (segmentectomia). Possono essere fatte delle resezioni atipiche quando il paziente presenta una funzionalità respiratoria non ottima ma comunque accettabile. Ovviamente gli interventi radicali (lobectomia, pneumectomia) hanno basso rischio di recidiva.

Selezione del paziente candidato ad intervento chirurgico. Completato l’iter di stadiazione attraverso l’esecuzione degli esami clinico-strumentali atti a definire l’estensione loco-regionale e a distanza della malattia, per i pazienti affetti da NSCLC in stadio I, II e IIIA potenzialmente candidati all’intervento chirurgico di resezione polmonare, è necessaria un’attenta valutazione preoperatoria. L’età avanzata del paziente affetto da neoplasia polmonare e candidato a intervento chirurgico è sempre stata considerata un fattore prognostico negativo; pertanto più l’età è avanzata, maggiore deve essere lo scrupolo nella valutazione-selezione del paziente, al fine di evitare gravi complicanze. L’infarto miocardico recente (da meno di 3 mesi), le gravi aritmie non controllabili farmacologicamente, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza epatica o renale grave rappresentano controindicazioni assolute all’intervento chirurgico; anche l’associazione di più patologie minori costituisce un significativo aumento del rischio operatorio. Attualmente le maggiori scuole chirurgiche considerano controindicazioni assolute all’intervento anche le metastasi extratoraciche, il versamento pleurico neoplastico e le metastasi pleuro-polmonari e mediastiniche. Sono considerate controindicazioni relative il tumore che infiltra la carena tracheale ed il tumore che infiltra la parete toracica.

Funzionalità respiratoria. Per i pazienti affetti da carcinoma polmonare e candidati ad intervento chirurgico resettivo è necessaria una valutazione preoperatoria accurata della funzionalità del parenchima polmonare. È opinione comune che la spirometria e l’emogasanalisi possano essere esami sufficienti per esprimere un giudizio di operabilità. In caso di dubbio circa la valutazione funzionale respiratoria sono stati proposti diversi test: scintigrafia polmonare funzionale con 133Xe, cateterismo cardiaco destro con blocco dell’arteria polmonare, broncospirometria separata con blocco di Arnaud, blocco bronchiale di Arnaud con catetere cuffiato in fibrobroncoscopia, test da sforzo.

Altre considerazioni. Minori complicanze respiratorie sono ottenibili mediante abolizione preoperatoria del fumo, fisioterapia respiratoria (da iniziare nel preoperatorio e continuare nel postoperatorio), terapia antibiotica (indispensabile se c’è colonizzazione cronica delle vie aeree o sovrainfezione), utilizzo di mucolitici e broncodilatatori (indispensabili per i pazienti affetti da malattia ostruttiva), adeguata ossigenoterapia postoperatoria (fase in cui la caduta della PaO2 è pressoché costante).

Ruolo della chemioterapia. Negli stadi avanzati del NSCLC, la chemioterapia riveste attualmente un ruolo importante; i farmaci attivi (cisplatino, carboplatino, gemcitabina, mitomicina C, ciclofosfamide, taxolo e gli alcaloidi della vinca) in associazione possono dare risposta obiettiva superiore al 40% dei casi. È importante ricordare che l’indicazione alla chemioterapia prevede la documentazione citoistologica della presenza di tumore. Il trattamento chemioterapico ha le seguenti indicazioni: carcinoma polmonare localmente avanzato dopo resezione chirurgica (stadio IIIA e IIIB), a scopo adiuvante, carcinoma polmonare localmente avanzato (stadio IIIA), a scopo di induzione preoperatoria (neoadiuvante), carcinoma polmonare localmente avanzato (stadio IIIB) e disseminato (stadio IV).

Chemioterapia adiuvante. Il carcinoma polmonare non a piccole cellule è una neoplasia potenzialmente sensibile alla polichemioterapia ed alla radioterapia adiuvanti postoperatorie. Schemi di terapia comprendenti cisplatino sono in grado di ridurre la mortalità per NSCLC nei pazienti operati radicalmente (II, IIIA).

Chemioterapia neoadiuvante. Il 30-40% dei pazienti con diagnosi di NSCLC alla diagnosi si trova in stadio IIIA o IIIB; la sopravvivenza a 5 anni di questi malati è del 5-30 % in relazione al coinvolgimento linfonodale mediastinico ed alla possibilità di resecabilità. La prognosi infausta è legata al cattivo controllo locale della malattia ed alla comparsa di localizzazioni metastatiche a distanza. È necessario far precedere un trattamento chemioterapico (induttivo o neoadiuvante) al trattamento chirurgico, per ottenere un migliore controllo locale ed a distanza della malattia, tale da permettere una migliore sopravvivenza.

Ruolo della radioterapia. Come per la chemioterapia, anche il trattamento radiante (preoperatorio, postoperatorio e radicale) è subordinato all’ottenimento della documentazione cito/istologica della presenza di tumore.

Radioterapia preoperatoria. Il razionale clinico del trattamento radiante preoperatorio è da ricercare nella possibilità di ridurre il volume tumorale, di ricondurre alla resecabilità lesioni solo marginalmente od addirittura non resecabili d’emblée e di diminuire la probabilità di disseminazione intraoperatoria, mentre rimangono inalterate vascolarizzazione ed ossigenazione con conseguenti vantaggi radiobiologici. È consuetudine utilizzare l’associazione radiochirurgica nel carcinoma del sulcus apicale (tumore di Pancoast) utilizzando regimi di ipofrazionamento della dose (tot: 30-35 Gy); nel caso la radioterapia venga utilizzata come modalità esclusiva a titolo palliativo, vengono in genere erogate dosi più elevate (tot: 60-65 Gy) mediante frazionamento convenzionale.

Radioterapia postoperatoria. La radioterapia postoperatoria ha alcuni indiscutibili vantaggi (accurata definizione dell’estensione della malattia dopo chirurgia, selezione dei pazienti in funzione dei fattori di prognosi, adeguata individuazione del volume da irradiare) ed alcuni svantaggi (riduzione dell’ossigenazione nei tessuti cicatriziali, presenza di diminuita riserva funzionale polmonare). Fattori da considerare nella selezione dei pazienti sono: sede del tumore primitivo, tipo di invasione della parete toracica, grado di radicalità oncologica, sede ed estensione dell’interessamento linfonodale.

Radioterapia radicale. È un trattamento che ha per finalità l’eradicazione della malattia. Può essere presa in considerazione come alternativa alla terapia chirurgica nel I e II stadio in presenza di controindicazioni assolute all’intervento chirurgico; in tal caso la sopravvivenza media a 5 anni è del 20%.

Radioterapia palliativa e sintomatica. Trova indicazione in pazienti con neoplasia localmente avanzata, o con sindrome mediastinica o con metastasi scheletriche; ha scopo antalgico, di controllo dei sintomi quali tosse, emottisi, dispnea o di prevenzione di fratture patologiche. Nei casi di ostruzione bronchiale può essere valutata l’opportunità di brachiterpia endoluminale cioè il posizionamento di sorgenti radioattive per via endoscopica all’interno del lume bronchiale e l’impiego di sorgenti gamma emittenti, in associazione o meno alla disostruzione con laser. Le complicanze e gli effetti collaterali della radioterapia (polmonite con evoluzione fibrotica polmonare, esofagite, disturbi cardiaci, infezioni) possono essere evitati con un’accurata scelta delle modalità di trattamento.

Radiotermoablazione. Il suo ruolo è ancora oggetto di discussione.

Terapia del microcitoma.
- Malattia limitata: Cht + Rt torace, oppure chirurgia + Cht/Rt adiuvante (in pazienti con malattia molto limitata).
- Malattia estesa: Cht ± Rt. La Rt viene attuata nei siti che non possono essere palliati in breve tempo dalla Cht. I farmaci maggiormente usati sono EP (etoposide + cisplatino) e EC (etoposide + carboplatino).

Mesotelioma Pleurico

È una patologia in netta crescita sebbene la sua incidenza rimanga bassa se paragonata al carcinoma broncogeno. È dimostrabile nella maggior parte dei casi una relazione tra la comparsa della malattia e l’esposizione delle polveri di asbesto (più lavorativa che ambientale); nel 1998 si sono registrati 5.000 morti, che si ritiene saliranno a 9.000 casi annui nel 2018 e a 250.000 nel 2050. L’asbesto è stato sostituito da altre fibre sintetiche (fibre di vetro, ceramica, titanio); tuttavia anche queste sono in grado di provocare mesotelioma nelle cavie. Inizialmente si associava il mesotelioma al virus SV40 (virus della scimmia), evidenza sostenuta dal fatto che nel decennio 1955/65 il vaccino antipoliomielitico fu ottenuto proprio dalle scimmie. La sinergia tra cancerogeni chimici e la proteina TAG del virus, che ha azione di blocco sugli oncosoppressori p53 ed Rb comporta un rischio elevatissimo di sviluppare il mesotelioma.

Quadro macroscopico. Il mesotelioma si presenta solitamente diffuso sulla superficie della pleura parietale sottoforma di placche biancastre (“cotenne”), cosparse di noduli di varia grandezza con aspetto di macchie di cera. Nei rari casi di riscontro in fase iniziale, la placca tumorale è sottile e limitata alla sua estensione; nei casi avanzati le grossolane nodosità sono distribuite su tutta la superficie toracica, il pericardio, il polmone ed il diaframma.

Istologia. Si possono riconoscere tre tipi di aspetto istologico:
- epiteliale (50%; è la forma con prognosi migliore, presenta versamento pleurico abbondante e metastasi limitate ai linfonodi)
- sarcomatoide (a cellule fusate; è la forma più maligna, si associa a versamento pleurico scarso e metastasi a distanza)
- desmoplastico bifasico (forma mista)
È difficoltosa la diagnosi differenziale microscopica con gli adenocarcinomi (altro tipo di neoplasie pleuriche); a tale scopo possono essere di aiuto analisi immunoistochimiche e di microscopia elettronica.

Quadro clinico. Il mesotelioma si presenta con: dolore parietale ingravescente (la pleura presenta innervazione di tipo somatico), dispnea ingravescente tardiva, versamento pleurico, tosse stizzosa, astenia, anoressia e dimagrimento.

Diagnosi. Anamnesi clinica e lavorativa, esame obiettivo (ipofonesi, riduzione MV e FVT), Rx torace (non presenta segni specifici ma un’irregolarità di qualsiasi tipo del profilo pleurico, che normalmente non è visibile, indirizza ad un corretto iter diagnostico; può accompagnarsi a riduzione di volume parenchimale a causa dello spropositato ingrossamento infiammatorio della pleura che comprime il polmone), TC del torace (mostra ispessimento pleurico, riduzione di volume di un emitorace, versamento pleurico saccato, nodosità sulla pleura parietale), RM (ha capacità di valutare la malignità denotando iperintensità tissutale, e la benignità denotando ipointensità; va richiesta per risolvere i casi dubbi), toracentesi e toracoscopia (per lo studio definitivo).

Stadiazione.
- T1a: tumore limitato alla pleura parietale inclusa quella mediastinica e diaframmatica
- T1b: presenza di focolai anche sulla pleura viscerale
- T2: interessamento di entrambe le superfici pleuriche, con infiltrazione del diaframma o del polmone
- T3: estensione a tutte le superfici pleuriche, più una condizione tra: interessamento fascia endotoracica, estensione al grasso mediastinico, interessamento circoscritto dei tessuti molli della parete toracica, non interessamento transmurale del pericardio
- T4: estensione a tutte le pareti pleuriche, con invasione del peritoneo, della pleura controlaterale, degli organi mediastinici, della superficie interna del pericardio
- Nx: non è possibile diagnosticare metastasi regionali
- N0: assenza di metastasi linfonodali e ilari
- N1: presenza di metastasi linfonodali e ilari
- N2: metastasi ai linfonodi mediastinici o della catena mammaria interna omolaterale
- N3: metastasi ai linfonodi mediastinici controlaterali, sovraclaveari, e della catena mammaria interna controlaterale
- Mx: metastasi a distanza non valutabili
- M0: assenza di metastasi a distanza
- M1: presenza di metastasi a distanza

N.B. L’indicazione all’exeresi chirurgica è limitata alle stadiazioni T1 e T2 con N0; devono essere esaminati i linfonodi tramite toracoscopia. Intervenire chirurgicamente quando siano presenti metastasi linfonodali è inutile. I mesoteliomi per i quali è più indicato il trattamento chirurgico sono quelli di natura epiteliale, sebbene anche per essi debba essere rispettato quanto detto sopra.

Terapia. Il mesotelioma va trattato con una terapia multimodale chirurgica – chemioterapica – radioterapica; esistono percorsi studiati in relazione al caso particolare. Le varie possibilità sono:
- chirurgia, chemioterapia sistemica e radioterapia
- chirurgia, chemioterapia endocavitaria, chemioterapia sistemica e radioterapia
- chemioterapia sistemica neoadiuvante, chirurgia, chemioterapia sistemica adiuvante e radioterapia
La chirurgia può offrire brillanti risultati solo se effettuata in caso di stadiazioni favorevoli. La pleuropneumonectomia è un intervento radicale che solitamente garantisce l’eliminazione totale dei residui tumorali, la cui rimanenza sarebbe sinonimo di decesso a breve termine; vengono asportati diaframma, pericardio, pleura, pleura e polmone. Esistono anche interventi meno drastici. L’intervento chirurgico trova una migliore riuscita se coadiuvato da una buona terapia post–chirurgica e se il paziente è giovane, sebbene raramente la sopravvivenza superi i tre anni. Esistono trattamenti palliativi atti a ridurre il dolore nel caso in cui sia impossibile puntare alla guarigione:
- talcaggio pleurico (per via toracoscopica si inserisce talco che provoca pleurite chimica e causa adesione tra le pleure impedendo la formazione o la recidiva di grandi versamenti)
- drenaggio semplice (l’asportazione dei versamenti conseguenti alla pleurite permette di respirare meglio)

Tumori del Mediastino

Anatomia del mediastino. Il mediastino è lo spazio centrale del torace compreso tra le due cavità pleuriche. Esso è limitato:
- in avanti dallo sterno
- posteriormente dalla colonna vertebrale
- ai lati dalle pleure mediastiniche
- in alto è in comunicazione con il collo attraverso l’apertura superiore del torace
- in basso dal diaframma
Si possono riconoscere tre logge mediastiniche (anteriore, media e posteriore, facendo riferimento alla trachea); le logge anteriore e posteriore sono suddivisibili ulteriormente in tre piani (superiore, medio e inferiore). La loggia anteriore è sita davanti al pericardio e alla trachea, radiologicamente corrisponde allo spazio retrosternale; in essa si trovano i grossi vasi (vena cava superiore e tronchi brachiocefalici), il dotto toracico, il timo, la trachea, alcuni nervi (vago, frenico, laringeo, ricorrente di sinistra) e linfatici. La loggia media corrisponde al piano della trachea; superiormente comprende la porzione traversa dell’arco aortico e la porzione terminale della vena azygos, che sbocca nella vena cava superiore. La loggia posteriore è sita dietro la trachea e si estende fino alla colonna verterbrale; comprende una parte dell’aorta toracica, le vene azygos, i nervi vaghi e splancnici, l’esofago, il dotto toracico e i linfonodi.
La pressione che vige entro lo spazio mediastinico è subatmosferica come quella intrapleurica, e fluttua con il respiro; durante l’inspirazione il mediastino si restringe e si allunga, durante l’espirazione si accorcia e si allarga.

Tumori primitivi del mediastino. Si possono suddividere in base alle diverse origini, dato che il mediastino accoglie strutture diverse dal punto di vista embriologico: tumori timici, tumori linfonodali, tumori vascolari, tumori connettivali, tumori embrionali, tumori neurogeni, falsi tumori.
Si possono suddividere anche in base alla sede: tumori del mediastino anteriore, tumori del mediastino medio, tumori del mediastino posteriore.

Tumori timici
Il timo è un organo linfoepiteliale localizzato per la maggior parte nel mediastino anteriore e, per una piccola parte, nel collo. È un organo transitorio; appare infatti molto sviluppato nel feto e nei primi anni di vita, mentre va incontro ad involuzione dopo la pubertà. È costituito da due lobi saldati da un sepimento connettivale e contrae importanti rapporti con il cuore, con la fascia cervicale media, con i muscoli sottoioidei, con lo sterno, i vasi toracici interni, l’estremità sternali dei primi 4 – 6 spazi intercostali, le arterie carotidi comuni, il tronco venoso brachiocefalico di sinistra, parte dell’arco aortico e della vena cava superiore; inoltre lateralmente tocca la pleura ed i polmoni, il nervo frenico e i vasi pericardico – frenici.
Le neoformazioni timiche sono site nel mediastino antero – superiore, sono relativamente frequenti e rappresentano circa il 20% di tutti i tumori mediastinici dell’adulto. Le principali sono: timoma (il più frequente), iperplasia timica, timolipoma, linfoma timico primitivo, cisti timiche.
Il timoma è un tumore sito nel mediastino anteriore e, pur non potendo considerarsi una neoplasia maligna dal punto di vista istologico, assume talvolta atteggiamento invasivo nei confronti delle strutture circostanti (sterno, pleura, polmone, pericardio, vasi venosi ed arteriosi). Viene classificato in:
- timoma tipico o semplicemente timoma (neoplasia epiteliale ben differenziata, con caratteristiche strutturali simili a quelle del timo maturo del bambino o a quello involuto dell’adulto, senza atipìe strutturali)
- timoma atipico (neoplasia epiteliale moderatamente differenziata, che presenta alcune atipìe)
- carcinoma timico (neoplasia epiteliale scarsamente differenziata, con struttura totalmente atipica e spiccate caratteristiche maligne)
La stadiazione del timoma è molto importante perché da essa dipende la prognosi:
- stadio I: timoma capsulato senza invasione microscopica (non tende a recidivare e mostra sopravvivenza a 5 anni maggiore del 90%)
- stadio II: invasione microscopica della capsula, del grasso circostante o delle pleure mediastiniche
- stadio III: invasione macroscopica del pericardio, del polmone o dei grossi vasi (è ancora possibile intervenire chirurgicamente per rimuovere il tumore primitivo o le disseminazioni)
- stadio IV a: disseminazione pleurica o pericardica
- stadio IV b: metastasi a distanza

In alcuni casi il timoma può essere asintomatico, ed il riscontro è puramente casuale (per esempio durante esami radiologici per altre finalità). Altre volte la sintomatologia è aspecifica: tosse, febbre, astenia, dolore toracico, dispnea (da oppressione delle vie respiratorie), disfagia (da compressione dell’esofago), altri sintomi da compressione (per esempio la sindrome cavale che si manifesta con edema del terzo superiore del torace e del collo). Il bambino si dimostra più sintomatico perché il torace ha dimensioni minori rispetto all’adulto.
La diagnosi è spesso occasionale ma, se si sospetta il timoma, si può procedere ai seguenti esami: Rx torace, TC, RM. La terapia è basata principalmente sull’exeresi chirurgica (per sternotomia o per toracotomia in base alla localizzazione della massa), che deve essere più radicale possibile e comprendere il grasso pretimico. Se c’è un’invasione la chirurgia può essere associata con chemio e radioterapia. La condotta chirurgica aggressiva è giustificata anche per timomi che infiltrano la pleura e il polmone; tramite il “debulking” (demolizione) si cerca di estrarre almeno il 90% delle cellule maligne per aprire la strada alla chemio e alla radioterapia (sopravvivenza del 70% a 5 anni).

Il timoma può essere accompagnato da una sindrome paratimica. La più frequente è la miastenia gravis (10% dei pazienti con timoma; al contrario il 25% dei miastenici è portatore di timoma), una malattia neurologica a genesi autoimmune caratterizzata da una facile esauribilità muscolare, legata a disturbi di trasmissione a livello della placca neuromuscolare; si denota una diminuzione di recettori per l’Ach a livello della placca neuromuscolare, e si ipotizza la presenza di un fattore solubile circolante prodotto dai timociti, che bloccherebbe tali recettori. Nella maggior parte dei casi l’asportazione del timo si riflette in un miglioramento della miastenia, la cui ripresa è segnale di recidiva del timoma.

Tumori linfonodali
Sono costituiti dai linfomi a localizzazione mediastinica, che interessano di solito la loggia mediastinica media. Si può trattare di linfomi Hodgkin o non Hodgkin, anche se assai più comuni sono le adenopatie secondarie del mediastino (v. dopo).
I linfomi sono patologie di pertinenza non chirurgica, bensì chemio e radioterapia; possono diventare di interesse chirurgico nel caso di reperti di masse circoscritte o di incerta diagnosi, oppure se l’intento è di ridurre la compressione sulle strutture mediastiniche.
D’altra parte la chirurgia ha solitamente funzione diagnostica, essendo fondamentale il reperto bioptico al fine di realizzare la diagnosi istologica e di classificare il linfoma per mettere a punto la chemioterapia più indicata; si può procedere mediante agoaspirazione Tc – guidata oppure mediante biopsia incisionale in mediastinoscopia o in videotoracoscopia. L’intervento è relativamente semplice poiché la zona è facilmente raggiungibile tramite taglio parasternale.
Più frequentemente dei linfomi si presentano nella zona mediastinica adenopatie secondarie a: sarcoidosi, metastasi da carcinoma polmonare o esofageo, TBC, malattia di di Castleman (iperplasia linfonodale benigna).

Tumori vascolari
Più spesso benigni (emangiomi e linfangiomi), ma esistono anche le relative forme maligne (emangiosarcomi e linfangiosarcomi).

Tumori connettivali
Raramente nel mediastino si possono sviluppare tumori connettivali. Sebbene nel 50% dei casi si tratti di forme benigne (fibroma, lipoma), nelle forme maligne (fibrosarcoma, liposarcoma) la prognosi è molto severa; l’exeresi chirurgica è necessaria poiché le masse tendono a raggiungere anche notevoli dimensioni. La frequenza della recidiva dopo l’exeresi è alta.

Tumori embrionali
Derivano da cellule germinali primitive appartenenti ai diversi foglietti embrionali, in seguito ad errori o incomplete migrazioni: seminomi, coriocarcinomi, tumori del sacco vitellino, carcinomi embrionari, teratomi, cisti malformative (broncogene, enterogene, pleuropericardiche, dermoidi; derivano da residui di abbozzi delle vie aeree, digestive o del peritoneo, interessano principalmente il mediastino medio e possono dare compressioni che ne rendono necessaria l’exeresi) .

Tumori neurogeni
Rappresentano forse la forma più diffusa (25%) dei tumori del mediastino; interessano principalmente il mediastino posteriore (doccia costovertebrale, dove sono più concentrate le strutture nervose come l’origine dei nervi intercostali, i gangli e la catena simpatica). Nel bambino prevalgono le forme maligne e sintomatiche, nell’adulto quelle benigne e asintomatiche.
Quando interessano il canale midollare la loro duplice componente (extra ed intracanalicolare) assume radiologicamente l’aspetto a “clessidra”. Si possono distinguere in tumori:
- a partenza dalla guaina nervosa (neurinoma o schwannoma, neurofibroma, neurosarcoma)
- a partenza dalle cellule nervose (neuroblastoma, ganglioneuroma, ganglioneuroblastoma, feocromocitoma, chemodectoma)

Falsi tumori
Si tratta di tumefazioni che si possono trovare a livello mediastinico e possono talora simulare sindromi neoplastiche: gozzo tiroideo (o gozzo cervicomediastinico, è il più frequente), "sequestrazione polmonare" (anomalia del tessuto polmonare, che viene irrorato da arterie derivanti dall’aorta o del diaframma), ernia iatale, aneurisma dell’arco aortico, ernie diaframmatiche (soluzioni di continuo del diaframma conseguenti a malformazioni), meningocele.

Sindromi mediastiniche. La sintomatologia dei tumori del mediastino è rappresentata soprattutto dalle sindromi mediastiniche, complessi sintomatologici causati da masse abnormi o raccolte patologiche di liquido che esercitano una compressione sulle strutture presenti nel mediastino, con conseguente quadro clinico correlato con l’organo interessato. Le cause possono essere, oltre che tumorali, anche infiammatorie, displasiche o traumatiche. Le strutture che più facilmente risentono di compressione estrinseca sono quelle più collassabili, cioè le vene (vena cava superiore e vene anonime); più tardiva è la stenosi da compressione a carico di trachea (crisi asfittiche) ed esofago (disfagia). Il trattamento è medico, a base di cortisonici, antitrombotici, diuretici, chemioterapici e radioterapia. È richiesta exeresi chirurgica della massa nel caso in cui essa eserciti compressione, e gli altri trattamenti non siano sufficienti; spesso si ricorre al debulking per ridurre drasticamente il volume della massa stessa.
La sindrome della vena cava superiore è la più caratteristica e frequente delle sindromi mediastiniche, si ha per ostacolato deflusso di sangue dalla vena cava superiore al cuore destro, a causa di una ostruzione parziale o totale del lume della vena cava stessa. Nell’80% dei casi deriva da patologie maligne (cancro del polmone, metastasi polmonare da cancro mammario, metastasi da cancro occulto, linfomi, tumori timici e metastasi linfonodali), e solo nel 20% dei casi da patologie benigne (fibrosi mediastinica primitiva o post–attinica, cioè conseguente a terapia radiante, trombosi, linfoadenopatia infiammatoria). La sindrome conclamata è caratterizzata da: turgore delle vene giugulari, edema a mantellina (interessa i tessuti molli del capo e del collo, dell’emitorace e degli arti superiori), cianosi (a causa del ristagno di sangue), circoli collaterali di compenso, reticolo venoso sottocutaneo. Si denoterà una semeiologia diversa a seconda che l’occlusione della vena cava sia situata:
- al di sopra dello sbocco della vena azygos (in tal caso la vena anonima defluisce in profondità attraverso le anastomosi tra il plesso vertebrale, tributario della vena anonima, e le vene intercostali tributarie a destra della azygos e a sinistra della emiazygos)
- a livello dello sbocco della azygos (si formano circoli collaterali tra la vena azygos e le vene intercostali ed epigastriche, che buttano nelle vene iliache)
- al di sotto della vena azygos (si formano circoli collaterali tra la vena azygos e le vene lombari, le quali a loro volta buttano nella vena cava inferiore)
In generale il circolo collaterale superficiale è molto più sviluppato se l’occlusione della vena cava è situata a livello o sotto lo sbocco della vena azygos.