martedì 24 aprile 2007

Tumori del Polmone

Ricordi di anatomia. Il polmone destro ha tre lobi (superiore, medio, inferiore) e dieci segmenti. Il lobo superiore è diviso in tre segmenti (anteriore, posteriore ed apicale), il lobo medio in due (laterale e mediale), il lobo inferiore in cinque (apicale, anteriore, posteriore, laterale e mediale). Il polmone sinistro ha due lobi (superiore ed inferiore) e dieci segmenti. Il lobo superiore ha una parte superiore con tre segmenti (anteriore, posteriore ed apicale) ed una parte lingulare con due segmenti (laterale e mediale), il lobo inferiore è diviso in cinque segmenti (apicale, anteriore, posteriore, laterale e mediale). Il lobo medio del polmone di destra corrisponde alla lingula di sinistra. L’arteria polmonare che nasce dal cuore si divide poi nell’arteria polmonare di destra ed in quella di sinistra. L’arteria polmonare di destra è sempre davanti al bronco, quella di sinistra lo scavalca passandogli dietro. Il termine cancro polmonare è solitamente riservato ai tumori che originano dall’epitelio respiratorio (bronchi, bronchioli ed alveoli) mentre i mesoteliomi, i linfomi e i tumori stromali (sarcomi) vengono distinti dal punto di vista della diagnosi anatomopatologica dal cancro polmonare.

Epidemiologia. Il carcinoma broncogeno è la prima causa di morte per maschi e femmine con 173.000 casi annui negli USA e 163.000 decessi. L’età media al momento della diagnosi è 55-60 anni. È una patologia frequentissima che vede una percentuale di mortalità pressoché costante nel tempo nonostante i progressi nella terapia medica e chirurgica; in Italia l’incidenza è in aumento, soprattutto per aumento della vita media e prolungata esposizione ai cancerogeni durante tutta la vita. La diagnosi precoce assume un ruolo di importanza primaria nonostante il numero considerevole di falsi positivi. Elementi di diagnosi precoce, raramente utilizzati in tempo, sono:
- markers tumorali: antigene carcinoembrionario (CEA), antigene polipeptidico tissutale (TPA), enolasi neuronospecifica (NSE), CYFRA 21-1 (citocheratina-19), sostanze legate all’aumentato turnover cellulare (β2-microglobulina, poliamine), ferritina, zinco, rame
- esame citologico dell’espettorato
- Rx torace e TC spirale

Fattori di rischio. Sono molti:
- fumo di sigaretta attivo (responsabile del 75% dei nuovi casi)
- fumo passivo (meno cancerogeno di quello attivo)
- inquinamento industriale (il carcinoma broncogeno è più frequente in aree industrializzate, a causa della presenza nell'aria di uranio e radioisotopi in genere, asbesto (sinergizza con il fumo di sigaretta), Ni, As, Be, Fe
- inquinamento atmosferico (gas di scarico, radon)
- lesioni precancerose (TBC in passato, oggi silicosi e asbestosi); la teoria del braditropismo correla le cicatrici polmonari con la maggior probabilità di sviluppare la malattia, in virtù dello stiramento dei vasi, anche linfatici, per cui le sostanze cancerogene ristagnerebbero di più in queste zone
- sesso (M:F=2:1) ed età (50 – 70)
- predisposizione genetica (ridotta efficienza del sistema immunitario, ridotta capacità funzionale dei meccanismi di riparazione del DNA, ridotto metabolismo delle sostanze cancerogene)
- familiarità
- patologie predisponenti (bronchite cronica, fibrosi, enfisema, TBC)
- depressione immunitaria
- alcool (promuove l’oncogenesi)
- dieta povera di frutta e vegetali
- radiazioni ionizzanti
- neoplasie associate (cancro della laringe, cancro delle vie aeree digestive superiori, cancro del rene, cancro della vescica)

Fumo di tabacco. È responsabile del 75% dei nuovi casi, mentre il fumo passivo è responsabile del 5% dei morti tra i non fumatori. Nel 15% dei fumatori la neoplasia si sviluppa di solito dopo un periodo di latenza di 30–40 anni. Il rischio di sviluppare neoplasie del polmone si riduce in media dopo 15 anni di astensione sebbene vi è un rischio perenne anche se basso per chi ha fumato per più di 20 anni. La relazione fumo–neoplasia è basata su:
- n° sigarette fumate nell’arco della giornata
- n° anni di fumo
- grado di inalazione
- quantità di tabacco
Inoltre esistono chiare alterazioni istologiche dell’epitelio bronchiale ascrivibili al tabagismo:
- perdita delle cilia vibratili
- iperplasia dello strato basale
- metaplasia squamosa dell’epitelio bronchiale
In particolare la metaplasma squamosa si osserva:
- nel 15% dei morti con carcinoma broncogeno
- nel 10% dei morti con carcinoma broncogeno fumatori senza filtro
- nel 5% dei morti con carcinoma broncogeno fumatori con filtro
- nello 0% dei morti con carcinoma broncogeno non fumatori
Questa evidenza statistica rivela che la metaplasia squamosa è tipicamente risultato dell’esposizione al fumo di sigaretta. Nel tabacco vi sono circa 4000 sostanze chimiche e nei prodotti della combustione ci sono 60 sostanze cancerogene sia inizianti che promuoventi (catrame, CO, nicotina, benzopirene, fenoli). Queste stimolano gli oncogeni della famiglia Ras ed i recettori per i GF tumorali, inattivano gli oncosoppressori (p53) e favoriscono l’interazione tra materiale genetico e cancerogeno.
Esiste una nota progressione della displasia causata dal fumo di tabacco: metaplasia dell'epitelio squamoso, displasia. carcinoma in situ, carcinoma invasivo.

Genetica. L’inalazione delle sostanza mutagene induce alterazioni genetiche a carico di oncogeni (k-RAS) e oncosoppressori (p-53, FHIT).
- p53: proteina con molte funzioni biologiche (induce la trascrizione legandosi al DNA, regola il ciclo cellulare, arresta la cellula quando è presente un danno genomico riparabile, la manda in apoptosi quando il danno è irrecuperabile); è frequentemente mutata nelle varie neoplasie, le sue mutazioni sono importanti dal punto di vista prognostico e predittivo, e informano sulla responsività del tumore ai farmaci; mutazioni di p53, indagabili tramite tecniche molecolari (PCR), si ritrovano nell’80-90% dei SCLC e nel 50% dei NSCLC. Da ciò si evince che la mutazione di p53 è anche associata all’aggressività del tumore, essendo i SCLC molto più aggressivi. Inoltre le mutazioni di p53 sono correlate a: metastatizzazione, peggiore prognosi, resistenza ad alcuni farmaci. Le mutazioni più comuni sono le trasversioni G-T (sperimentalmente sono le stesse mutazioni indotte dal benzo-a-pirene).
- k-RAS: i geni della famiglia RAS codificano per proteine piccole ad alta attività GTP-asica. Se occorre una mutazione a livello di particolari codoni, si ha la perdita della funzione GTP-asica, perché tali codoni codificano per aminoacidi siti in prossimità del sito che lega il GTP. Le proteine RAS sono coinvolte nella trasmissione del segnale al nucleo, fanno parte cioè delle cascate trasduttive del segnale. Se una mutazione fa perdere a RAS l’attività GTP-asica, non può avvenire il ritorno allo stato inattivo, e il segnale mitogeno per il nucleo perdura. Mutazioni di k-RAS sono presenti esclusivamente nei NSCLC, e si tratta sempre di mutazioni a livello del codone 12 (altri codoni in altre neoplasie). Si tratta ancora di trasversioni G-T, che chiamano in causa ancora il benzo-a-pirene e dunque il tabacco.
- FHIT: sito nel cromosoma 3p, ha un sito molto fragile che va incontro a frequenti delezioni. È mutato nell’80% dei carcinomi squamosi e nel 60% degli adenocarcinomi.

Tumori del polmone e non fumatori. Nei non fumatori insorgono il 10% di tutti i carcinomi polmonari; si tratta soprattutto di adenocarcinomi (quelli meno correlati al fumo). In passato erano soprattutto le donne ad esservi predisposte, mentre oggi l’abitudine al fumo è cresciuta anche in queste, per cui la situazione si sta equiparando. Nei non fumatori non sono presenti mutazioni di k-RAS; le mutazioni di p-53 sono spesso presenti, ma non si tratta di trasversioni G-T, quanto più di transizioni G-A. Le mutazioni di FHIT sono molto rare.

Anatomia patologica macroscopica.
CARCINOMI CENTRALI O ILARI (70 – 75 %)
- Insorgono con emottisi poiché il tumore erode i bronchi (emissione di sangue rosso vivo non molto abbondante)
- Sono endobronchiali vegetanti (possono vegetare e ostruire i bronchi)
- Possono dare origine ad una massa inglobante il bronco o i tessuti peribronchiali
- Sono frequenti aree di atelettasia lobari o polmonari
- I linfonodi si possono fondere con il tumore portando all’ingrandimento dell’ilo all’RX

CARCINOMI MEDIO-PARENCHIMALI “A PALLA” (25 – 30 %)
- Sono costituiti da una massa tonda di volume variabile a volte a limiti piuttosto netti
- Non vi sono strutture rigide, per cui il tumore può espandersi centrifugamente assumendo forma “a palla”; non essendo presente alcuna resistenza alla crescita, il tumore può infiltrare tutto il lobo (forma “lobare massiva”)
- Possono necrotizzare con ascesso centrale (“cancro – ascesso”); infatti quando il tumore cresce molto, la crescita di vasi neoformati può non essere sufficiente a garantire la per fusione di tutta la massa, per cui la parte centrale va spesso incontro a necrosi colliquativa e può anche infettarsi
- Il materiale colliquato può essere riversato nei bronchi ed espettorato, lasciando spazi vuoti simili alle caverne tubercolari

CARCINOMI PERIFERICI
- Originano dai bronchi e bronchioli periferici su pregressa cicatrice parenchimale
- Presentano aree di atelettasia segmentarie e lobari
- Derivano da una lesione nodulare unica a volte escavata (“cancro ascesso”) centroparenchimale o subpleurica (interessa la pleura parietale)
- Si vedono bene all’RX per cui sono ben aggredibili chirurgicamente
- Se crescono verso il versante mediastinico possono infiltrare il mediastino e la colonna vertebrale. Tipico è l’esempio del tumore di Pancoast caratterizzato da un intenso dolore alla spalla e parestesie alla mano a causa dell’interessamento del plesso brachiale; il tumore di Pancoast se preso in tempo può portare alla guarigione di una persona su tre
- Se è molto periferico, però, incontra la resistenza della parete toracica, e le neoformazioni tendono ad essere circoscritte, simili a quelle del mesotelioma con il quale è richiesta la diagnosi differenziale
- Nel caso della linfangite carcinomatosa, un tumore ilare dà metastasi tramite i torrente linfatico alla zona subpleurica periferica (“sgocciolamento”)

Anatomia patologica microscopica.
CARCINOMI A PICCOLE CELLULE (SCLC)
Microcitoma o carcinoma anaplastico a piccole cellule. Nefasto, con sopravvivenza a 5 anni minore dell’1%. Si salvano solamente le persone operate in stadi molto iniziali. Di derivazione neuroendocrina produce sostanze simil-ormonali per cui dà sintomi paraneoplastici. Neoplasia altamente maligna, correlata al fumo di sigaretta (98-99%), a sede ilare o medio-parenchimale. Deriva dalle cellule di Kulchitsky, cellule neuroendocrine site tra le cellule epiteliali e facenti parte del sistema neuroendocrino diffuso (APUD). Questo sistema, capace di produrre neuropeptidi a basso P.M., è rappresentato anche nel pancreas (cellule α,β e γ, che danno vita a insulinomi, glucagonomi e gastrinomi), nella mucosa di esofago, intestino e appendice (carcinoidi del tratto digerente), nella midollare del surrene (feocromocitomi), nell’ipofisi (adenomi ipofisari). L’aspetto è ad ammassi o nidi cellulari solidi di cellule anaplastiche molto piccole. Per la diagnosi differenziale tra carcinoma squamocellulare scarsamente differenziato e microcitoma a cellule fusate esistono diverse tecniche:
- microscopia elettronica: ocorre cercare granuli di neurosecreto (contenenti 5-HT, enolasi neuronospecifica e calcitonina) che consentono la diagnosi di microcitoma; i granuli sono presenti nel core denso centrale della cellula
- istochimica: colorando la sezione con nitrato d’argento, le cellule che si colorano (argentaffini) sono quelle contenenti il neurosecreto
- immunoistochimica: varie tecniche per ricercare, tramite anticorpi monoclonali, i vari costituenti dei granuli (enolasi, 5-HT, ecc…)
Carcinoide. Analogo benigno del microcitoma, anch’esso insorge dalle cellule di Kulchitsky ed anch’esso presenta positività alle reazioni sopra descritte. Forma una massa aggettante nel lume di un grosso bronco, che tende ad infiltrare localmente ma non metastatizza nel 90% dei casi. Nel 10% dei casi diventa atipico e può essere aggressivo perché dà metastasi linfonodali anche quando è benigno.

CARCINOMI NON A PICCOLE CELLULE (NSCLC)
Carcinoma epidermoidale (o squamocellulare o “oat cells”). È la forma più frequentemente correlata col fumo (98% sono fumatori). Insorge frequentemente a livello dei bronchi centrali di grosso calibro, e nel 70% dei casi non è operabile poiché ha già infiltrato la trachea. Ha crescita lenta (9 anni = 2cm), che spesso porta a trascurare i sintomi (tossetta completamente ignorata dal fumatore), e minor tendenza rispetto agli altri a dare metastasi. Insorge su aree di metaplasia squamosa, indice della sua correlazione con il tabagismo. Istologicamente esistono forme ben, moderatamente e scarsamente differenziate.
Adenocarcinoma. È la seconda forma per frequenza, relativamente meno associata con il fumo (ma comunque nel 90% dei casi è presente la storia di esposizione); oggi ha più o meno la stessa incidenza nei due sessi, anche se per motivi ignoti le donne sono leggermente più colpite (alcuni studi spiegherebbero questa evenienza con le nuove sigarette a gradazione minore, che portano ad una aspirazione più veemente e quindi alla tendenza a sviluppare carcinomi in sede più profonda; queste sigarette sarebbero più fumate dalle donne). Di solito è una massa bronchiale periferica, per cui più facilmente operabile rispetto al carcinoma squalmocellulare, che è centrale. La crescita è molto lenta (20 anni = 2 cm), ed essendo periferica la neoplasia tende a dare una minore sintomatologia; tuttavia dà metastasi più frequentemente del carcinoma squamocellulare, perché la crescita lenta lascia tutto il tempo al tumore per metastatizzare.
Carcinoma bronchiolo-alveolare. È una forma particolare di adenocarcinoma, spesso bilaterale, che insorge dai bronchioli terminali o dalle cellule che rivestono gli alveoli (cellule di Clara, pneumociti di II tipo). Le alterazioni istologiche sono del tutto simili a quelle dell’adenomatosi multipla delle pecore sudafricane, dovuta al retrovirus jagzitke. L’ipotesi è avvalorata dal fatto che la neoplasia non è correlata al fumo di tabacco, ma i tentativi di identificare un agente infettivo nel carcinoma bronchiolo-alveolare umano e di trasmettere la neoplasia alle pecore non hanno dato risultati. Le cellule neoplastiche possono dare gemmazioni che a volte si staccano e cadono nel lume dell’alveolo; in seguito esse possono essere aspirate e spostarsi da lume a lume, ad acino ad acino, da lobo a lobo, da polmone a polmone. Questa forma di metastasi è particolare e caratteristica di questo tipo di tumore (“metastasi aerogene”). La sua incidenza è in aumento e le donne sono più colpite. È radio e chemioresistente, però se si riesce ad eradicarlo tutto (difficile perché è multifocale) c’è buona probabilità di sopravvivere.
Carcinoma anaplastico a grandi cellule. È poco frequente (5 – 6%) e anomalo; è piccolo e molto anaplastico con un tempo di raddoppiamento di 92 gg; infiltra le strutture circostanti (aorta, vena polmonare), dà metastasi per via ematogena e linfatica. Scarsa la sopravvivenza a 5 anni, anche perché si manifesta tardivamente.

MISCELLANEA. Nel polmone possono svilupparsi molti tipi di neoplasie benigne o maligne di tipo mesenchimale. Inoltre possono svilupparsi neoplasie linforeticolari benigne o maligne e lesioni simil-tumorali. Abbastanza frequente è l'amartoma (o amartocondroma), tumore che si presenta come focolaio opaco rotondeggiante, spesso rilevato in maniera del tutto casuale; il suo aspetto però fa pensare ad una neoplasia, e spesso, in mancanza di altre indicazioni, è la chirurgia che toglie il dubbio. É costituito principalmente da cartilagine ialina matura, ma può contenere tessuto fibroso, adiposo, vasi sanguigni o spazi cistici rivestiti da epitelio respiratorio. Gli amartomi in generale rappresentano una proliferazione di tessuti normali maturi in proporzioni anomale.

Sintomi.
Sintomi locali
- Tosse (tipica del tumore endobronchiale il quale si comporta da corpo estraneo)
- Espettorato striato di sangue
- Emoftoe (per interessamento di un piccolo vaso bronchiale)
- Emottisi (per rottura di un vaso di grosso calibro, vena o arteria polmonare)
- Febbricola
- Dispnea (dovuta all’occlusione di un bronco)
- Dolore (nel tumore periferico per coinvolgimento della plaura parietale)
- Infezioni respiratorie ricorrenti
Sintomi generali
- perdita di peso
- anoressia
- anemia
Sintomi di diffusione intratoracica
- disfagia da compressione esofagea
- sindrome dalla vena cava superiore
- aritmia e scompenso cardiaco (infiltrazione del pericardio e del cuore)
- paralisi del nervo frenico con elevazione dell’emidiaframma
- disfonia per infiltrazione del ricorrente
- sindrome di Claude-Bernard-Horner (infiltrazione del simpatico cervicale)
Sintomi di diffusione extratoracica
- linfonodi prescalenici (tumefazione prescalenica)
- metastasi cerebrali (deficit muscolari, cefalea, disturbi alla visione, al linguaggio)
- metastasi epatiche o surrenaliche (astenia, ittero, inappetenza, dimagrimento)
- metastasi scheletriche
Sindromi paraneoplastiche. Vide infra.

Vie di metastatizzazione.
PER CONTIGUITÀ (infiltrazione strutture vicine)
- diaframma (paralisi e singhiozzo)
- parete toracica
- pericardio
- apice polmonare (attraverso l’arteria succlavia si ha infiltrazione del plesso brachiale con la sindrome dolorosa spalla – mano tipica del tumore di Pancoast). Il tumore di Pancoast è una neoplasia maligna dell’apice polmonare che infiltra le prime coste, a livello dell’arco posteriore, ed ingloba nel processo neoplastico sia la catena simpatica, determinando la sindrome di Bernard-Horner (enoftalmo, miosi e ptosi palpebrale), sia la prima radice del plesso brachiale (VIII nervo cervicale e I toracico), causando parestesie e dolori al braccio, lungo il territorio del nervo ulnare.

PER VIA LINFATICA (solo nel 10% dei casi si ha diffusione alla parte eterolaterale)
- linfonodi lobari
- linfonodi ilari
- linfonodi mediastinici
- linfonodi sovraclaveari (a questo stadio il tumore non è più operabile)

PER VIA EMATOGENA (adenocarcinoma e microcitoma)
- fegato
- ossa
- cute
- retina
- surrene, cervello (aggredibili chirurgicamente)
- polmone controlaterale

PER VIA BRONCOGENA (il tumore si può spostare da un segmento ad un altro, da un lobo ad un altro, o al polmone eterolaterale a causa dello sfaldamento della massa primitiva e del trasferimento dei frammenti per mezzo della tosse)

Prevenzione.
- Abolizione fumo di sigaretta
- Educazione sanitaria
- Bonifica agenti di contaminazione ambientale
- Sorveglianza nel campo delle noxae professionali
- Diagnosi precoce

Stadiazione
. Consente di classificare il grado di diffusione della malattia in raggruppamenti (stadi) che sono utili per impostare la terapia. Per il carcinoma non a piccole cellule (NSCLC), ai fini della stadiazione, si utilizza la classificazione TNM. La combinazione dei diversi gradi di T, N e M determina i vari stadi della malattia. Considerazioni a parte devono essere fatte per il microcitoma. Per tale forma di neoplasia si preferisce ricorrere alla classificazione proposta dal Veterans Administration Lung Cancer Study Group (VALCSG). Viene considerato limitato il microcitoma confinato a un solo emitorace, con o senza il coinvolgimento dei linfonodi ilo-mediastinici e sovraclaveari omolaterali e senza versamento pleurico positivo. Qualsiasi altra condizione viene compresa nel gruppo di malattia estesa.

Stadiazione TNM del cancro del polmone (Mountain, 1997).
Tumore primitivo (T)
Tis: carcinoma in situ.
T1: tumore con dimensione massima di 3 cm o inferiore, circondato da polmone o pleura viscerale, senza segni di invasione prossimamente ad un bronco lobare alla broncoscopia
T2: tumore con dimensione massima superiore a 3 cm o di qualsiasi dimensione che invade la pleura viscerale o è associato ad atelettasia o a polmonite ostruttiva oche si estende alla regione ilare. Alla broncoscopia, l’estensione prossimale deve essere dentro un bronco lobare o almeno 2 cm distalmente alla carena. L’atelettasia o la polmonite ostruttiva eventualmente associate non devono interessare l’intero polmone.
T3: tumori di qualsiasi dimensione con estensione diretta alla parete toracica (compresi i tumori dell’apice polmonare), al diaframma o alla pleura mediastinica o al pericardio, senza interessamento del cuore, de grossi vasi, della trachea, dell’esofago o dei corpi vertebrali, o tumore del bronco principale entro 2 cm dalla carena, che però non deve essere interessata.
T4: tumore di qualsiasi dimensione con invasione del mediastino o che interessa il cuore, i grossi vasi, la trachea, l’esofago, i corpi vertebrali o la carena o con presenza di versamento pleurico o pericardico maligno o con modulo/i neoplastico satellite entro lo stesso lobo in cui è presente il tumore primitivo.
Linfonodi (N)
N0: non vi sono metastasi dimostrabili nei linfonodi regionali.
N1: metastasi nei linfonodi delle regioni peribronchiale e/o ilare omolaterale, compresa l’invasione diretta.
N2: metastasi nei linfonodi mediastinici omolaterali ed in quelli intertracheobronchiali
N3: metastasi nei linfonodi mediastinici controlaterali, in quelli ilari controlaterali o in quelli omolaterali o controlaterali scalenici o sovraclaveari
Metastasi a distanza (M)
M0: assenza di metastasi a distanza
M1: metastasi a distanza presenti

Stadi
IA (T1N0M0)
IB (T2N0M0); invasione pleura viscerale, sopravvivenza al 50%
IIA (T1N1M0); a differenza di IB c’è coinvolgimento di linfonodi
IIB (T3N0M0, T2N1M0)
IIIA (T3N1M0, T3N2M0, T2N2M0, T1N2M0); necessitano di trattamento chemioterapico neoadiuvante
IIIB (OgniT N3M0, T4 OgniN M0)
IV (OgniT OgniN M1)

Diagnosi precoce. E’ di importanza fondamentale perché al momento della diagnosi iniziale di cancro broncogeno da parte del medico di famiglia, il coinvolgimento metastatico è presente nel 50% dei casi. Ieri la diagnosi precoce era affidata a: Rx torace, esame citologico dell’espettorato, broncoscopia e biopsia; oggi la diagnosi è affidata a: Tac spirale, studio dell’espettorato con PCR, analisi computerizzata delle cellule esfoliate, broncoscopia ad autofluorescenza. Comunque la diagnosi definitiva si avvale dei seguenti mezzi:
- esame clinico
- rx torace in due proiezioni
- citologia espettorato
- TC
- RM (soprattutto nello studio del tumore di Pancoast per valutare il coinvolgimento del plesso brachiale)
- broncoscopia: biopsia, brushing, BAL, biopsia transbronchiale
- biopsia transparietale sotto guida TC
- mediastinoscopia (biopsia linfonodi para- e pretracheali nello studio di una massa che potrebbe essere anche un ascesso)
- toracoscopia
- esame dell’espettorato con PCR, analisi computerizzata delle cellule esfoliate (le cellule neoplastiche possono esfoliare ed essere presenti nell’espettorato; è quindi utile ricercare alterazioni cellulari che rappresentino eventi frequenti, precoci, specifici delle cellule neoplastiche, e sensibili. Queste caratteristiche sono proprie dei geni p53 e k-RAS. La composizione standard dell’espettorato è: cellule di sfaldamento della mucosa orale e respiratoria, batteri, cellule infiammatorie, e solo 1:100-1:10000 cellule neoplastiche; dato il numero ridotto di queste, la metodica deve essere molto sensibile. Si hanno oggi a disposizione metodiche arricchite come la enriched-PCR, nelle quali si favorisce l’amplificazione di molecole mutate a discapito di quelle normali, rendendo possibile la diagnosi di mutazione altrimenti impossibile all’esame citologico standard. I pazienti sottoposti sono i pazienti considerati “a rischio”, ovvero con età > 65 anni, forti fumatori e con storia di broncopatia cronica)

La diagnosi strumentale prevede:
- TC addome ed encefalo
- scintigrafia ossea
- PET: ricerca di metastasi
- esame citologico del versamento pleurico
- biopsia pleurica
- biopsia linfonodi superficiali
- biopsia epatica
- biopsia midollo osseo (es. nel microcitoma è infiltrato nel 40% dei casi)
- valutazione funzionale: spirometrica, cardiaca, metabolica – nutrizionale, di apparato

Terapia.
Ruolo della chirurgia. Per gli stadi I e II è indicata l’exeresi chirurgica. Per lo stadio IIIA l’intervento chirurgico attualmente viene indicato solo per pazienti accuratamente selezionati, dopo aver documentato una risposta soddisfacente alla chemioterapia preoperatoria. Per i pazienti in stadio IIIB e stadio IV (metastasi a distanza) non vi è indicazione all’intervento chirurgico; vi è indicazione alla chemioterapia e/o radioterapia. Nei pazienti con tumore del solco superiore (tumore di Pancoast) sono consigliati l’intervento chirurgico e la radioterapia pre- o postoperatoria. Il trattamento chirurgico offre diverse possibilità: lobectomia, pneumonectomia e resezione segmentarla (segmentectomia). Possono essere fatte delle resezioni atipiche quando il paziente presenta una funzionalità respiratoria non ottima ma comunque accettabile. Ovviamente gli interventi radicali (lobectomia, pneumectomia) hanno basso rischio di recidiva.

Selezione del paziente candidato ad intervento chirurgico. Completato l’iter di stadiazione attraverso l’esecuzione degli esami clinico-strumentali atti a definire l’estensione loco-regionale e a distanza della malattia, per i pazienti affetti da NSCLC in stadio I, II e IIIA potenzialmente candidati all’intervento chirurgico di resezione polmonare, è necessaria un’attenta valutazione preoperatoria. L’età avanzata del paziente affetto da neoplasia polmonare e candidato a intervento chirurgico è sempre stata considerata un fattore prognostico negativo; pertanto più l’età è avanzata, maggiore deve essere lo scrupolo nella valutazione-selezione del paziente, al fine di evitare gravi complicanze. L’infarto miocardico recente (da meno di 3 mesi), le gravi aritmie non controllabili farmacologicamente, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza epatica o renale grave rappresentano controindicazioni assolute all’intervento chirurgico; anche l’associazione di più patologie minori costituisce un significativo aumento del rischio operatorio. Attualmente le maggiori scuole chirurgiche considerano controindicazioni assolute all’intervento anche le metastasi extratoraciche, il versamento pleurico neoplastico e le metastasi pleuro-polmonari e mediastiniche. Sono considerate controindicazioni relative il tumore che infiltra la carena tracheale ed il tumore che infiltra la parete toracica.

Funzionalità respiratoria. Per i pazienti affetti da carcinoma polmonare e candidati ad intervento chirurgico resettivo è necessaria una valutazione preoperatoria accurata della funzionalità del parenchima polmonare. È opinione comune che la spirometria e l’emogasanalisi possano essere esami sufficienti per esprimere un giudizio di operabilità. In caso di dubbio circa la valutazione funzionale respiratoria sono stati proposti diversi test: scintigrafia polmonare funzionale con 133Xe, cateterismo cardiaco destro con blocco dell’arteria polmonare, broncospirometria separata con blocco di Arnaud, blocco bronchiale di Arnaud con catetere cuffiato in fibrobroncoscopia, test da sforzo.

Altre considerazioni. Minori complicanze respiratorie sono ottenibili mediante abolizione preoperatoria del fumo, fisioterapia respiratoria (da iniziare nel preoperatorio e continuare nel postoperatorio), terapia antibiotica (indispensabile se c’è colonizzazione cronica delle vie aeree o sovrainfezione), utilizzo di mucolitici e broncodilatatori (indispensabili per i pazienti affetti da malattia ostruttiva), adeguata ossigenoterapia postoperatoria (fase in cui la caduta della PaO2 è pressoché costante).

Ruolo della chemioterapia. Negli stadi avanzati del NSCLC, la chemioterapia riveste attualmente un ruolo importante; i farmaci attivi (cisplatino, carboplatino, gemcitabina, mitomicina C, ciclofosfamide, taxolo e gli alcaloidi della vinca) in associazione possono dare risposta obiettiva superiore al 40% dei casi. È importante ricordare che l’indicazione alla chemioterapia prevede la documentazione citoistologica della presenza di tumore. Il trattamento chemioterapico ha le seguenti indicazioni: carcinoma polmonare localmente avanzato dopo resezione chirurgica (stadio IIIA e IIIB), a scopo adiuvante, carcinoma polmonare localmente avanzato (stadio IIIA), a scopo di induzione preoperatoria (neoadiuvante), carcinoma polmonare localmente avanzato (stadio IIIB) e disseminato (stadio IV).

Chemioterapia adiuvante. Il carcinoma polmonare non a piccole cellule è una neoplasia potenzialmente sensibile alla polichemioterapia ed alla radioterapia adiuvanti postoperatorie. Schemi di terapia comprendenti cisplatino sono in grado di ridurre la mortalità per NSCLC nei pazienti operati radicalmente (II, IIIA).

Chemioterapia neoadiuvante. Il 30-40% dei pazienti con diagnosi di NSCLC alla diagnosi si trova in stadio IIIA o IIIB; la sopravvivenza a 5 anni di questi malati è del 5-30 % in relazione al coinvolgimento linfonodale mediastinico ed alla possibilità di resecabilità. La prognosi infausta è legata al cattivo controllo locale della malattia ed alla comparsa di localizzazioni metastatiche a distanza. È necessario far precedere un trattamento chemioterapico (induttivo o neoadiuvante) al trattamento chirurgico, per ottenere un migliore controllo locale ed a distanza della malattia, tale da permettere una migliore sopravvivenza.

Ruolo della radioterapia. Come per la chemioterapia, anche il trattamento radiante (preoperatorio, postoperatorio e radicale) è subordinato all’ottenimento della documentazione cito/istologica della presenza di tumore.

Radioterapia preoperatoria. Il razionale clinico del trattamento radiante preoperatorio è da ricercare nella possibilità di ridurre il volume tumorale, di ricondurre alla resecabilità lesioni solo marginalmente od addirittura non resecabili d’emblée e di diminuire la probabilità di disseminazione intraoperatoria, mentre rimangono inalterate vascolarizzazione ed ossigenazione con conseguenti vantaggi radiobiologici. È consuetudine utilizzare l’associazione radiochirurgica nel carcinoma del sulcus apicale (tumore di Pancoast) utilizzando regimi di ipofrazionamento della dose (tot: 30-35 Gy); nel caso la radioterapia venga utilizzata come modalità esclusiva a titolo palliativo, vengono in genere erogate dosi più elevate (tot: 60-65 Gy) mediante frazionamento convenzionale.

Radioterapia postoperatoria. La radioterapia postoperatoria ha alcuni indiscutibili vantaggi (accurata definizione dell’estensione della malattia dopo chirurgia, selezione dei pazienti in funzione dei fattori di prognosi, adeguata individuazione del volume da irradiare) ed alcuni svantaggi (riduzione dell’ossigenazione nei tessuti cicatriziali, presenza di diminuita riserva funzionale polmonare). Fattori da considerare nella selezione dei pazienti sono: sede del tumore primitivo, tipo di invasione della parete toracica, grado di radicalità oncologica, sede ed estensione dell’interessamento linfonodale.

Radioterapia radicale. È un trattamento che ha per finalità l’eradicazione della malattia. Può essere presa in considerazione come alternativa alla terapia chirurgica nel I e II stadio in presenza di controindicazioni assolute all’intervento chirurgico; in tal caso la sopravvivenza media a 5 anni è del 20%.

Radioterapia palliativa e sintomatica. Trova indicazione in pazienti con neoplasia localmente avanzata, o con sindrome mediastinica o con metastasi scheletriche; ha scopo antalgico, di controllo dei sintomi quali tosse, emottisi, dispnea o di prevenzione di fratture patologiche. Nei casi di ostruzione bronchiale può essere valutata l’opportunità di brachiterpia endoluminale cioè il posizionamento di sorgenti radioattive per via endoscopica all’interno del lume bronchiale e l’impiego di sorgenti gamma emittenti, in associazione o meno alla disostruzione con laser. Le complicanze e gli effetti collaterali della radioterapia (polmonite con evoluzione fibrotica polmonare, esofagite, disturbi cardiaci, infezioni) possono essere evitati con un’accurata scelta delle modalità di trattamento.

Radiotermoablazione. Il suo ruolo è ancora oggetto di discussione.

Terapia del microcitoma.
- Malattia limitata: Cht + Rt torace, oppure chirurgia + Cht/Rt adiuvante (in pazienti con malattia molto limitata).
- Malattia estesa: Cht ± Rt. La Rt viene attuata nei siti che non possono essere palliati in breve tempo dalla Cht. I farmaci maggiormente usati sono EP (etoposide + cisplatino) e EC (etoposide + carboplatino).

1 commento:

Unknown ha detto...

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